Attraverso lo Specchio

Avventure di due viaggiatori erranti nel regno di Oz

Archivio di luglio, 2008

Il bumpi bumpi Bungle Bungle

Che titoli idioti che stiamo scegliendo! Comunque, eccoci qui alla tappa “must” del nostro viaggio, un posto con una quantità di aneddoti da raccontare e foto da mostrare.

Si chiama Bungle Bungle o Purnululu National Park usando il nome dato dalla tribù aborigena dei Kija. Il nome Bungle è stato tradotto da “sandstone”, pietra arenaria, ma piace pensare che in realtà il tutto sia nato per colpa di uno sveglione di esploratore, che incuriosito dalla formazione delle montagne chiese a un gruppo di aborigeni come si chiamassero, indicando un punto a caso. I poverini immaginando che lui indicasse l’erba locale, da loro chiamata Bundle Bundle, originarono il malinteso. Questo paese è pieno di storie di idiozia umana, non ci si crederebbe a sentirle tutte!

Ma superiamo le origini del nome e andiamo diretti alle prime foto, scattate con aeroplanino intorno alle sette del mattino, dopo già quasi un’ora di volo.

Esempio di tettonica a placche Bungle Bungle dall'aereo
Bungle Bungle dall'aereo Bungle Bungle dall'aereo
   
   

Ed eco qualche storiella divertente sulla zona…

Lake Argyle: 30.000 coccodrilli popolano questa pozzetta d’acqua, categorizzata dalle carte nautiche come “mare”. L’80% dei crocchi sono femmine, evvai con il girl power! E’ un lago talmente grande che in alcuni punti al centro non vedi intorno a te altro che acqua…

Miniera di Diamanti: dovete sapere che l’Australia è un paese straordinariamente ricco di tutto ciò che vi possa venire in mente, anche di diamanti. Sono il primo paese per produzione mondiale di diamanti, in particolare per quelli rosa e champagne. Il terreno dove sorge la miniera è in affitto dagli aborigeni che non possiedono alcun interesse nell’arricchirsi e quindi sono ben felici di dare in concessione l’area a patto che al termine del contratto, tutto torni come era allo stato originario. Entro il 2010. Ora immaginate di avere una miniera con la produzione di pietruzze luccicose prima al mondo, non sareste un tantino di fretta per tirare su tutto ciò che potete?! Ma il bello viene ora: accanto alla miniera hanno costruito una pista di atterraggio, per portare i minatori e andarli a prendere al termine di ogni turno. Ovviamente, anche questo dovrà tornare come in origine se non fosse, che durante dei sopralluoghi fatti di recente, si sono accorti che anche la pista sorge su una miniera di diamanti, del valore approssimativo di 200 milioni di dollari. Un nonnulla… abbiamo dedotto che quel particolare terreno ci metterà mooolto di più a tornare come in origine!


È  un posto abbastanza speciale visto dall’alto ma è camminarci in mezzo che fa davvero capire quanto vecchio, delicato, fragile e meraviglioso sia. Il nero in contrasto con l’arancione da il meglio di sé quando il sole ci batte sopra: se poi aggiungete l’erbetta verde e il cielo azzurro beh, allora avete il quadro perfetto. Ma a voi giudicare…

Bungle Bungle Bungle Bungle Bungle Bungle

Abbiamo passato due giorni in questo parco e io credo di non avere scattato mai tante foto, semplicemente non riuscivo a smettere. Piuttosto interessante il Cathedral Gorge, una specie di caverna con un laghetto al centro e un’acustica davvero notevole. E’ il silenzio che però fa la differenza… un certo senso di primitività, dove i cellulari non suonano, niente auto, niente grida, nessuno che parla, nessuno a interrompere i tuoi pensieri. Solo tu e il tuo respiro. Davvero unico!

Cathedral Gorge

Passando alle cose pratiche: è un posto incantevole ma manca un pochino di attrezzatura. Abbiamo campeggiato sotto le stelle ma non sono previsti bagni con lo sciacquone (toilette del bush, come le chiamano qui o per meglio intenderci “il buco”) né doccia, né acqua potabile per due giorni. Vero campeggio selvaggio! I ranger che vivono lì però sono gentili e ogni sera ti portano dei cepponi giganti di legna per farti il fuoco, contribuendo a scaldarti nonché a preparare la cena. Credo che la cena con salsicce e purè sia stata una delle più buone in assoluto!

Da ricordare? beh, una passeggiatina di otto ore, cominciata la mattina alle sei nell’isolamento più assoluto, un ragno gigante uscito dal water, le chiacchiere intorno al fuoco, il freddo della notte, il silenzio, la luce, i colori, il cielo… se mai doveste programmare un viaggio in questo paese meraviglioso, cercate di tenervi qualche giorno anche per questo luogo davvero speciale.

Vi lasciamo con un’ultima foto… prossima tappa, El Questro: il preferito di Fabri!

Bungle Bungle all'alba

I crocchi di Katherine

Heilà… ciao a tutti!

Siamo giunti insieme al terzo episodio, ne mancano ancora parecchi, ma oggi chiudiamo la prima parte della vacanza. Dalla prossima puntata esploreremo luoghi davvero esclusivi ma per ora siamo nelle zone -per così dire- da turismo di massa… per gli standard australiani, si intende!

Katherine è una cittadella non particolarmente ridente, ma neanche se la passa male. È un po’ l’ultimo avamposto della civiltà, e poi a sud solo miliardi di granelli di sabbia del deserto, ad est ed ovest nulla di interessante per centinaia di chilometri!

Sulla strada dal Kakadu National Park a Katherine c’è solo una destinazione degna di nota: Edith Falls, o Lelyin Falls, con il nome aborigeno. Ancora una volta ci facciamo da parte, e lasciamo che parlino le immagini per noi!

Poco a sud di Katherine c’è Maniallaluk, una villaggio aborigeno in cui abbiamo trascorso una interessante giornata alla ricerca delle origini della cultura più antica del mondo. Trovarle, quello è un altro discorso! Per quanto a un primo acchito si potrebbe superficialmente sbolognare la questione dicendo che sono dei rincoglioniti alcolisti che non capiscono una mazza, la realtà è probabilmente che lo shock culturale cui sono andati incontro 200 anni fa è qualcosa di inimmaginabile, e entrare in un loro villaggio per un giorno solo e cercare di capirli è quasi utopia… per quanto sia insolito presentarla in questi termini, è indubbio che lo stesso shock culturale si possa applicare anche nel verso opposto… certo, non è facile ammettere che degli ex-primitivi possano dare uno shock culturale, probabilmente è più facile sbolognarli come alcolisti, e infatti tristemente è ciò che molto spesso accade, e la colpa sta come sempre un po’ da ogni lato.

Sia come sia, noi la nostra giornata l’abbiamo trascorsa a porre domande che per la maggior parte non hanno avuto risposta; ci siamo fatti l’idea di una società patriarcale, gerontocratica, in seria difficoltà a comprendere a fondo il concetto stesso di proprietà, e il nostro dannarci dietro non si sa bene cosa… a loro basta un fucile e dei fiammiferi… il 90% dei loro problemi si risolvono così. I loro atteggiamenti sembrano chiederti a qual pro lavorare 8 ore al giorno per comprare dei vestiti, una macchina, un computer?! Lasciamo la risposta a voi, ma tenete anche in conto -solo per dirne una- che l’aspettativa di vita degli aborigeni è di 20 anni più breve rispetto ai bianchi d’Australia, e forse allora tutto quello sbattersi ha un senso; o forse no…?

Finiamo qui la nostra lunga trattazione su questo argomento che proprio non conosciamo, ma ci ripromettiamo di approfondire attraverso la lettura di un buon libro suggeritoci da più parti, e che ci permettiamo di segnalare anche a voi… Australian Dreaming : 40,000 years of Aboriginal history [Jennifer Isaacs].

Passiamo quindi alla meta sucessiva: il Nitmiluk National Park*… una gran bella destinazione! Ci abbiamo speso un giorno e mezzo, lusso che abbiamo potuto dedicare a ben poche attrazioni… la prima giornata su una crociera, la seconda -in barba ai crocchi- in canoa, pagaiando a perdifiato contro un vento bastardo in una mattina di ghiaccio!

Siamo pazzi? Non sappiamo, ma ci siamo voluti fidare degli australiani e del loro ripeterci che non c’è alcun pericolo, e che se ti lasciano andare vuol dire che è tutto ok! Lo sapranno bene loro.. no?!
Un paio di balle (da pronunciare con accento australiano stretto però)!!! Non sappiamo bene se sia vero, ma ci hanno detto che nel pomeriggio della nostra gita hanno requisito le canoe perché avevano avvistato un crocco d’acqua salata… uno di quelli cattivi che mangiano le persone, le canoe, e l’orologio di Capitan Uncino, se capita!

E a proposito di Tic Tac, il tempo scorre ed è ora di mostrarvi le foto… non vogliamo tediarvi oltre!

Una chicca prima di lasciarvi: dietro a Katherine c’è una piccola oasi in cui il fiume viene raggiunto da degli affluenti caldi, creando delle terme naturali… una pacchia!!!

Alla prossima puntata… una delle migliori, secondo Deb!

* Nitmiluk National Park: in Jawoyn, la tribù locale, Nitmiluk vuol dire “luogo del sogno della cicala”. Sogno è il termine usato tra gli indigeni australiani per identificare la storie della creazione o le mitologiche e religiose storie per descrivere la creazione dell’universo. E’ un termine inoltre usato per indicare dove lo spirito della creazione si riposa e nasconde nella terra. La tribù Jawoyn non pesca né nuota nelle acque del secondo gorge per non disturbare uno di questi spiriti nel terrore che il suo risveglio porti acqua e inondazioni sulla terra. Postilla: piove sei mesi l’anno, quindi questo spirito deve avere un temperamento piuttosto dispettoso oppure loro non seguono i tramandati insegnamenti a dovere e questa entità è seriamente indisposta!!!

Christmas in July…

Buon Natale!!!

Non è uno scherzo, non pensate che il caldo della vacanza, i colori, le luci, i posti meravigliosi ci abbiano completamente dato alla testa. Magari un pochino, ma non è questo il punto. Qui, ad esempio nelle Blue Mountains festeggiano un secondo Natale intorno al 25 di Luglio, pieno inverno per loro. Decorazioni, lucine, alberi e anche dei regali, altrimenti che festa è?!

Per quanto riguarda invece il Natale ufficiale, abbiamo pensato di farvi una sorpresa, che poi sorpresa non è perchè tra una cosa e l’altra lo sapranno tutti, e vi veniamo a trovare!

Ebbene sì, ci vestiamo da babbi Natale e arriviamo con il carro e le renne prima delle feste il 20 di Dicembre. Restiamo fino alla Befana, per poi volare via con la scopa (in dotazione a Deb ovviamente!) e tornare in terra australe!

Abbiamo pensato che in questo modo c’è abbastanza tempo per organizzare cene, colazioni, gite e tutto quello che viene in mente a voi e a noi… per passare le feste insieme e per fare scorta della vostra presenza, più che si può. Alla fine poi non ne potrete più… promesso!

A presto e buone feste!

La cava dei piselloni

…lo sappiamo, il titolo è discutibile ma non ci veniva in mente altro… però se state leggendo allora ha funzionato!

Eccoci dunque alla seconda puntata della nostra vacanza… la cava in questione è il primo dei luoghi che abbiamo visitato nel Kakadu National Park, la seconda grande destinazione del nostro peregrinaggio nordico. Non si tratta poi neanche di una vera caverna: il suo nome è Nourlangie Rock, e conserva egregiamente alcuni affreschi aborigeni da varie migliaia di anni.
I vari cartelli per informazioni turistiche partono dal presupposto che i turisti siano bimbi da non turbare, o dei totali deficienti… non fanno altro che parlare di raffigurazioni di danze e riti propiziatori… sarà quel che sarà, ma tutto quello che la gente nota sono esattamente quel genere di attributi che hanno ispirato il nostro titolo oggi!
Guardate questo affresco (solo uno dei tanti) e fatevi una idea voi stessi!

Nourlangie Rock

Dopo i piselloni, pieni di interrogativi che non verranno mai sopiti (ci vedete, di fronte ad un aborigeno a chiedergli: “mi scusi, ma siete sicuri che quella era una danza e non un’orgia?! No sa, tanto per…), eccoci alle Twin Falls e alle Jim Jim Falls, bellissime entrambe!

Twin Falls Jim Jim Falls,

Il guado al fiume è stato un mio piccolo orgoglio… 60cm di acqua sono nulla per i nordici di Australia… ma essendo stato il mio primo guado, beh… io un pochino me la sono fatta sotto! Tutto bene, siamo arrivati a destinazione sani e salvi!

Guado per le Twin Falls

La notte l’abbiamo passata in un campeggio nel parco… è abbastanza stupefacente che un posto in mezzo alla natura più selvaggia sia dotato di bagni più puliti di qualunque posto possiate trovare su una qualsiasi autostrada italiana. E pensare che molte volte c’è solo un povero ranger, sulla sessantina che passa la sua giornata in una tenda, aspettando i turisti e chiedendo delle cifre ridicole per pernottare (in questo caso, $11 in due, 7€)… ovviamente niente luci, la luna è più che sufficiente!

Alla prossima!

Forse avremmo dovuto titolare questo post “La grande vacanza”, “Il selvaggio nord” o qualcosa di simile. In realtà sarebbe stato più appropriato ma meno sentito. Diciamo che le paroline lì sopra stanno a indicare una vacanza fatta di non si sa mai, nel bene e nel male. Dal riempire la valigia di cose discutibilmente inutili, tipo un rotolo di scotch, a stare lontani da una riva con un cartello che segna la presenza di coccodrilli. Non a caso, siamo tornati interi e forse di coccodrilli non ce n’erano poi più di tanti, starà a voi giudicare dalle foto che metteremo sul sito. In quanto allo scotch, beh non so davvero come avremmo potuto sistemare i piedini degli sgabelli da campeggio se non lo avessimo avuto con noi!

Si parte quindi… da dove? dal principio, ovviamente.

Ore 4pm, partenza da casa. Una giornata grigia e fredda, in cui tutto è stato preparato da tempo, tanto da avere la possibilità di annoiarsi, dormire, preparare panini per il viaggio e lasciare la casa in ordine e pronta per il nostro ritorno. Tutto perfetto quindi? Sì, a parte il latte dimenticato aperto nel frigo! Non avete idea della sorpresa nel constatare al nostro ritorno che non solo non camminava per la casa, ma non aveva neanche un cattivo odore. Mitiche le mucche australiane!

Volo, arrivo a Darwin… ci ricorda Cairns… e per chi di voi già seguiva le nostre avventure allora, beh non dovrebbe essere una sorpresa che qualche cosina non sia andata come il previsto. Stanza bettola ma senza palline da golf notturne, frustrazione alle stelle per aver chiesto una doppia e essersi trovati in un cunicolo con un letto a castello, usato da non si sa bene chi e un altro lettino che abbiamo diviso in due per il mio (Deb) terrore a dormire su lenzuola precedentemente usate da qualche sconosciuto! Capirete l’umore al mattino…

Con rischi indicibili e traversie innumerevoli (chi mi trova la citazione colta, megaregalo a Natale! …non vale google!) finalmente recuperiamo la nostra macchinina gigante, bianca e 4×4!!! Facciamo una spesa immensa, un sacco di delizie ci aspetteranno durante la vacanza! No, questa è una bufala: non abbiamo mangiato altro che scatolette, come già accennato ribattezzate “chappy” e ora della fine della vacanze anche solo vedere delle lattine ci provocava crisi isteriche e iperventilazione! Il fatto che negli ultimi giorni, il mio stufato carne e patate aromatizzato al vino, o il chilli con carne di Fabri risultassero “buoni” è tutto dire…

Partenza quindi, per il primo parco in itinerario: Litchfield National Park.

Da ricordare: Florence Falls, Buley Rockhole (una specie di acquapark naturale), Tjaetaba Falls e Wangi Falls… ovvero: tutto!!

Florence Falls Buley Rockhole
Wangi Falls Tjaetaba Falls

È tutto per oggi, ma stiamo già lavorando alla prossima puntata quindi state tonnati!

Deb & Fabri

Casa dolce casa…

Eccoci, siamo tornati!

Esausti, stanchi da morire, mai bipedi hanno avuto più bisogno di una doccia come noi e neanche dopo mezz’ora sotto l’acqua siamo riusciti a tirare via il rosso della terra dalla nostra pelle. Forse un segno che rimarrà per sempre, anche dopo che l’ultimo granello se ne sarà andato. Mettere vestiti puliti e profumati è un’esperienza pressoché unica, come lo è stata questa vacanza, dall’inizio alla fine. Siamo sopravvissuti a tutto, e anche di più. Ce la siamo cavata egregiamente, tra guadi, strade impossibili, polvere, insetti, coccodrilli e chi più ne ha più ne metta… e promettiamo di non far passare mesi per il fotoracconto!

Certo, la macchina fotografica ci sta impiegando ore a scaricare le mille e più foto che abbiamo scattato quindi portate pazienza, almeno un pochino…

Ci sentiamo presto, mille e più notizie arriveranno sul blog nei prossimi giorni quindi state tonnati!

Baci baci!

Deb & Fabri

Day… abbiamo perso il conto!

Ciao a tutti!
Siamo sopravvissuti a tutto: coccodrilli, il sole dei tropici, migliaia di km di strade sterrate, voli turistici con vuoti d’aria inclusi nel prezzo, chili e chili di cibo in barattolo per umani simpaticamente ribattezzato ‘chappy’, doccie fredde quando c’erano, zecche, sanguisughe e le famigerate ‘bush toilets’!!
Chi ce lo ha fatto fare? Beh… Aspettate di vedere le foto!
Ora siamo a Derby, poi ancora due giorni sperduti nel nulla a cape leveque, e infine Broome per il volo del rientro!
A presto, baci baci x tutti!

Si torna alla tradizione del belpaese con un piatto che ci parla di baita e polenta, inverni freddi e camini scoppiettanti… qui -signori- è inverno pieno!

L’idea di fondo è quella di imitare un ragù di selvaggina e farlo con un ingrediente che più australiano non si può!

Ingredienti per un mangione e una persona:

  • 250g di paccheri di quelli bbboni: trafilati al bronzo e spessi spessi!
  • 1 scatola di pelati
  • 400g di filetto di canguro (si rimpiazza egregiamente con dello struzzo, molto più reperibile di quanto pensiate!)
  • 1 carota grande grande grande
  • 2 cipolle grandi
  • burro
  • olio (poco, di semi o di oliva… a scelta)
  • sale e pepe macinato fresco
  • mezzo bicchiere di vino rosso molto vecchio… praticamente deve essere diventato aceto!
  • TANTO TANTO tempo e pazienza!

Preparazione:

  1. fare un soffritto con un bel po’ di burro, poco olio, la cipolla finissima e la carota a dadini… fatelo andare bassissimo per una mezz’ora buona
  2. intanto tagliate con un coltello affilato la carne a dadini appena più grossi della carota… è un lavoraccio, ma mezz’ora vi basterà!
  3. buttate la carne e alzate la fiamma… aspettate fino a che la carne non rilascia i suoi umori
  4. versate il vino, aspettate un 3 minuti così che l’alcool evapori, poi aggiungete la latta di pelati
  5. aggiungete del sale, coprite, abbassate la fiamma e… aspettate! Noi lo abbiamo fatto andare 8 ore… il canguro è piuttosto duro ed ha bisogno di tempo! Meno di 4 ore è inaccettabile… chiariamo!!
  6. a cottura ultimata, lasciate raffreddare il ragù e mettete dell’acqua (non salata) a bollire
  7. iniziate a riempire i paccheri col sugo come fossero dei cannelloni, e adagiateli su una padella (antiaderente è meglio!), coprite col sugo che avanza (se non ne avanza tornate alla voce “ingredienti” e controllate le dosi… giuro che avanza!!)
  8. cuocete i paccheri come fossero un risotto, ma girandoli uno ad uno di tanto in tanto con una forchetta. Aggiungete l’acqua bollente quando serve, e dategli almeno una volta e mezzo il tempo indicato sull’etichetta… è una cottura particolare che richiede più tempo, ma da soddisfazione!
  9. a fine cottura, se siete orgogliosi della qualità del burro che avete, e se amate questa tecnica, usatene una noce per mantecare il tutto…

Ora dite quello che volete… sono ore e ore di lavoro, ma il risultato è da urlo! Accompagnateci un rosso corposo, e se vi avanza del sugo buttateci due porcini, e accompagnateli ad uno stinco di maiale al forno e un po’ di polenta… ‘na favola!!!

Ah… un trucco molto importante: dopo un’ora o due sul fuoco, quando siete stufi o volete andare a letto, potete mettere il ragù in un coccio e far continuare la cottura in un forno a 120°… poco ortodosso, ma potete anche dormirci sopra!

Buon appetito!

Piccola Nota Postuma: questo articoletto era stato scritto in anticipo e publicato durante la vacanza… non siamo così pazzi da metterci a fare i paccheri in campeggio!!!